Vera Meneguzzo Settembre 2006

Lo studio della materia, anche la più modesta e antigraziosa, costituisce il nucleo di ricerca di Giorgio Mazzurega che, grazie ad una fervida inventiva, non disgiunta da una fiammante interpretazione nel fare arte, genera originali e pregnanti effetti.

Non basta però definire tale esercizio “informale” o “astratto” per chiarirne gli stilemi e i significati. E’ necessario addentrarsi nei misteri della tecnica, dentro alla conchiglia di un sentire spiraleggiante e arcano, per scoprire come l’artista riesca a dare un nuovo volto al rapporto fra essere umano e gli infiniti mondi circostanti e interiori.

Si compongono sulla superficie pittorica, oltre che al tradizionale acrilico, materiali grezzi o poveri come bitume, vernice, tavole di legno, stoffa, elementi cartacei e metallici, a volte supportati da intonaco e affresco. Numerose costellazioni di possibilità che rimarrebbero nella norma dell’operare se l’artista non conferisse loro una capacità paradigmatica di intenso valore emozionale ed espressivo.

Vi intervengono cromie “cerebrali”, ora squillanti, ora tenerissime, e una gestualità dinamica, sciolta dai legami della forma, libera di cercare, nelle ampie spatolature, nel dripping, nei segni di una complessa calligrafia ( non estranea all’ Action Painting e alla Color Field Painting) una diversa struttura nell’ordine delle cose.

Si entra nella vorticosità di un universo prima frammentato e poi ricomposto da una fantasia irrequieta e da una estroversa energia.

“La città dell’amore” non è più la Verona turistica scespiriana, ma un luogo di ritmiche deformazioni come l’iperbole dei sentimenti.

“Tramonto” consuma nella esaltazione del rosso sangue il lento spirare del giorno fra l’abbraccio buio della notte. “ La maschera d’argento” modellata in carta stagnola sorveglia enigmatica il patchwork di paesaggio che annoda luci ed ombre. E sulla incipriata delicatezza dell’affresco spiano finestre sprangate come occhi velati dalla impossibilità di volo.

All’arte di Mazzurega appartengono anche totemiche installazioni lignee, dove la geometria si accosta a piccoli oggetti della quotidianità in un rapporto di sintonie segrete. Il risultato è la creazione di originali Moloch, che non pretendono sacrifici, ma regalano una escursione nel fantastico, un dialogo alla pari con il sogno di cui la ruvida concretezza della vita ha sempre assoluto bisogno.